Il piccolo borgo de Lu Sao è “Terra Vergine”

Subito la domanda ovvia del lettore: perché “Terra Vergine”? Nessuna analogia con “foresta vergine” detto di selva impetrabile, ma semplicemente, passi la battuta, è un angolo di territorio non lontano da Borgo Piave abitato da un centinaio di persone quasi tutte di cognome Vergine. Vieni mai? Partiamo da lontano, anzi da lontanissimo, perché la storia de Lu Sao è avvincente e noi la corriamo a grandi passi. Narra la leggenda che nel luogo oggi detto Lu Sao esisteva un bellissimo castello abitato da una regina ricchissima, che possedeva un favoloso tesoro, ben nascosto in un luogo che solo lei conosceva. Ebbene, quando la regina morì, nessuno riuscì a scovare quel tesoro che ancor'oggi, si sussurra, è sepolto in qualche anfratto e invano, nei secoli, hanno cercato di scovarlo i moltissimi cercati venuti anche da lontano. Forse è interrato, si fa per dire, nell'antichissima grotta, non lontana da lì, chiamata “forchia te la milogna”, cioè “tana del tasso”, situata sotto il livello del terreno e della quale è già stato diffuso un video con intervista a Pino e Carmelo Vergine, rintracciabile su sito dell'Ecomuseo delle Bonifiche (per vederlo vai al link https://www.youtube.com/watch?v=KC2rYBRnaFA). Fu “ufficialmente” scoperta nel 1995, già derubata di tanti reperti preistorici quali ossa di animali, punte di pietra, oggetti in osso, manufatti di ferro. Fu in seguito visitata da studiosi che spedirono a Taranto, alla sede della Sopraintendenza dei beni archeologici, varie scatole di materiali. Quindi l'apertura fu chiusa, e lo è ancor'oggi, con una solida inferriata. Si ipotizza che quella “forchia” sia stata abitata da uomini primitivi già a partire da settantamila anni fa. Veniamo a tempi più vicini a noi, se pur ancor lontani. Siamo nel 1555 e la masseria è detta Sava, che è il cognome del suo proprietario, appunto Padovano Sava, il quale molto probabilmente l'ha sviluppato dagli antichi proprietari, i monaci Celestini di Santa Croce di Lecce, che gli devono delle somme di denaro. Ebbene, nel 1555 il proprietario stila un inventario dei suoi beni, e così sappiamo per esempio che una “chiusura” (campo circondato da muro) si chiama Lo Piro, altre due sono Chesurella e Li Fillitti, due campi son detti Infierni Grandi e Infierni Piccoli... Nel 1584 la masseria figura di proprietà di Donato, figlio di Padovano. Ora veniamo più vicini a noi. Nel 1921 quel territorio, ora è chiamato Lu Sao (ma anche Lu Sau, Lu Sa e altro), passa all'Opera Nazionale Combattenti che dopo il 1935 sostituisce quel che resta della masseria, di cui oggi sono sopravvissuti il ​​rudere del pozzo e tracce dell'”aira” dove si battevano i cereali, con due poderi dalla tipica scala esterna rotondeggiante. Nella numerazione di fine anni Trenta, quei poderi sono il 9 e il 10, assegnati appunto alla folta famiglia Vergine, originaria di San Pancrazio Salentino, paese poco dentro la provincia di Brindisi. Il capostipite è Giuseppe e sua moglie è Carmela Bracciavento. Anni dopo, il 9 sarà assegnato al figlio Carmelo, il 10 al figlio Salvatore. Verso la metà degli anni Cinquanta l'Ente Riforma affida altri due suoi poderi, edificati in quel periodo (case ad un piano) a Giovanni e Vito, sempre della stirpe Vergine. Negli anni seguenti il ​​1960 le famiglie si moltiplicano e vengono costruite varie abitazioni, tanto che oggi si può dire: esiste un piccolo borgo “giù” allu Sao.